Comunità Democratica: quello che mi porto a casa

21 Gennaio 2025

Liberi, Forti e Generativi – quello che mi porto a casa da Comunità Democratica

Il 18 gennaio 1919 nasceva il Partito Popolare Italiano con il manifesto programmatico di Don Luigi Sturzo, un appello agli uomini (e le donne) liberi e forti. L’evento di Comunità Democratica organizzato a Milano da Graziano Del Rio, quindi, non cadeva in una giornata casuale.

Un evento per ridare voce a un pensiero moderato e cattolico che nel nostro Paese è sempre stato presente e vivo, soprattutto nel volontariato, ma che la politica, da tempo, sembrava aver messo da parte nell’errata convinzione di bastare a sé stessa.

Un evento che è la naturale conseguenza di quel battito d’ali partito dalla nostra regione, il Friuli-Venezia Giulia, dopo la settimana sociale dei cattolici tenuta a Trieste, aperta con l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e conclusasi con le parole di Papa Francesco.

Un segno importante per un messaggio importante: tutti possono e devono fare la loro parte nel riattivare i processi di partecipazione alla vita democratica. Astensionismo, bipolarismo estremo, indifferenza sono i principali indici dello stato di malattia delle democrazie occidentali e alcuni dati letti dal nostro consigliere regionale Francesco Russo, devono procurare allarme o quantomeno una riflessione: il 21% degli italiani preferirebbe vivere in un regime totalitario piuttosto che in democrazia, mentre un 11% non saprebbe cosa scegliere.

Per i nostalgici della DC, mi spiace deludere le aspettative, non tornerà la DC.Dalla storia si impara, della storia si fa tesoro, ma i partiti devono vivere nella contemporaneità con uno sguardo al futuro più che alla nostalgia del passato.

Le sfide che abbiamo davanti sono senza precedenti: un ordine internazionale che deve essere ricomposto, l’impatto del capitalismo tecnologico sulle democrazie, il recupero delle intelligenze relazionali a bilanciamento dell’intelligenza artificiale. E poi il tema della pace, ricorrente e mai banale. Ma questa come deve essere? Una pace giusta? Rispettosa della verità? Cosa significano queste parole?

Se oggi abbiamo due grossi conflitti internazionali è perché l’ordine internazionale è in disfacimento.  Non c’è più una regola e non c’è più un’istituzione che riesce a far rispettare le regole del diritto internazionale (Castagnetti).

Non serve un partito di cattolici, ma il loro contributo di pensiero sì, e la politica deve ascoltare, possibilmente in silenzio, il grido che si sta levando per chiedere una società diversa, più equa, giusta, pacifica, nella quale il confronto passi dalla parola e non dalla violenza (e arroganza) verbale. Perché il confronto è ricchezza, è il sale della democrazia. L’unanimità, al contrario, la uccide e uccide l’Europa.

I cattolici siano lievito e sale della vita politica, partecipando, attivamente con spirito di servizio e impegno gratuito. Si esercitino le virtù dello studio e dell’apertura al confronto con la società. Per dirla come i morotei, “si coltivi quell’intelligenza curiosa verso tutto ciò che si muove”.

E con curiosità io sono andata ad ascoltare a Milano il pensiero dei grandi saggi. La mia generazione politica è orfana di pensieri, di scuole politiche, di leader costruttori di pace. Perché Pace significa prosperità e ricchezza, elementi che portano a guardare il futuro con speranza e quindi a generare idee e figli. Siate liberi, forti e generativi. Solo così si può tornare a vincere per davvero.